Prendete dei campi di grano, distese di papaveri e girasoli, fiumi, acquedotti che rimandano a tempi lontani, fattorie, mucche al pascolo, trattori sbuffanti, strade che come arterie si fanno largo tra villaggi e castelli, mescolate il tutto e voilà, la ricetta della profonda campagna francese è servita.

Ci troviamo nel dipartimento Indre, dove vi avevo già portato qualche settimana fa per farvi conoscere il villaggio degli innamorati: Saint Valentin. Ora ho pensato di farvici tornare per scoprire altre chicche della regione, perché l’Indre è davvero un ottimo punto di partenza per esplorare una zona della Francia ancora poco battuta dal turismo di massa.

Di villaggi che si presentano come veri e propri bijoux qui ce ne sono moltissimi, tutti con una caratteristica fondamentale: la semplicità! Attenzione, ho detto semplicità, non banalità! Sì, perché oggi la vita frenetica, la voglia di stupire “con effetti speciali”, la ricerca di posti instagramabili ci fanno dimenticare la bellezza delle cose autentiche, una quotidianità alla quale non siamo più abituati. Il viaggio che voglio farvi fare oggi, infatti, non è solo alla scoperta di qualcosa, ma sta nel vivere un’esperienza, riscoprire quella quotidianità semplice, nella speranza che prima o poi un modo di vivere e viaggiare più lento e consapevole torni di moda.

La lista dei villaggi da visitare anche solo per una passeggiata potrebbe essere infinita, credetemi. Ecco perché ho pensato di darvi dei suggerimenti che non si allontanano dai due punti focali di questo articolo: una chiesa alquanto “eccentrica” e un castello in qualche modo “rock” in cui potrete soggiornare! Tra queste due splendide rarità, che in realtà distano pochissimo l’una dall’altra, incontreremo mercati settimanali, gallerie d’arte, piccoli musei, ristoranti tipici tutti all’interno di villaggi graziosissimi dal sapore medievale ai quali vale la pena dedicare un po’ di tempo, anche solo per una semplice tazza di caffè! Sicuramente quest’itinerario si potrebbe fare in un paio di giorni, ma io vi consiglio di cuore di godervi la lentezza, di assaporare l’ozio, quel dolce far niente che alla fine vi lasceranno un senso di pace e un equilibrio ritrovato.

Vorrei iniziare questo circuito da un villaggio che dista pochi chilometri da uno dei gioiellini che vi farò conoscere oggi che si chiama Saint Gaultier.

Ah, dimenticavo, quest’itinerario può essere fatto tranquillamente in bicicletta!

Saint Gualtier

Saint Gaultier è un villaggio adagiato sulle rive del fiume Creuse, nel parco naturale della Brenne. Casa di circa duemila anime, è l’estate il momento in cui è più affollato, ma mai troppo. Se siete amanti del verde e delle camminate, allora qui potrete godervi dei sentieri in mezzo la natura che vi lasceranno senza fiato.

Da non perdere il mercato settimanale, pieno di prodotti freschi, artigianali, che rappresentano la regione ma non solo. Si tratta di un vero e proprio festival di sapori e colori!

Saint Benoit du Sault

Nel 1988 Saint Benoit du Sault è stato messo nella lista “Les plus beaux villages de France”. Si tratta di un villaggio medievale a strapiombo sul fiume, abitato in passato dai monaci benedettini. La scelta di costruirlo così in alto, fu al tempo per ovvie ragioni di difesa. Sicuramente l’highlight della visita sta in una passeggiata nel centro del villaggio, rimasto praticamente autentico, con le sue strade ripide incorniciate da case a graticcio, la chiesa e il monastero. I negozietti, la posta, il macellaio, il fioraio, i piccoli ristoranti: tutto a misura d’uomo, tutti raccolti l’uno vicino all’altro così da rendervi impossibile saltarne qualcuno.

Interessante anche un’ex macelleria che è stata adibita a “galleria d’arte” con quadri o lavori all’uncinetto realizzati dalle donne del posto, che a turno custodiscono “l’atelier” comodamente sedute su delle sedie di legno. Si tratta di cose semplici, che non necessariamente incontreranno il vostro gusto, ma, soprattutto se parlate un po' di francese, vale la pena fermarsi a fare due chiacchiere con queste donne. Tutte hanno, infatti, delle storie incredibili che non vedono l’ora di condividere.

Gargilesse Dampierre

Uno dei villaggi più romantici di tutta la Francia, ha fatto innamorare artisti, pittori, scultori, artigiani e scrittori come George Sand, autrice anticonformista ricordata anche per la sua relazione con Chopin, che amava ritirarsi qui per comporre i suoi brani. Sono le tante gallerie, seppur piccoline, a a ricordarci il passato di questo villaggio, oltre ai bistrot e café dove trascorrere un po’ di tempo… Se vi piacciono le ceramiche, vi consiglio di fare un salto nel negozio di Monsieur Baudat, l’ultimo sulla strada principale. Io mi sono innamorata delle sue ceramiche per il loro stile semplice, campagnolo, senza fronzoli ma che non passa certo inosservato grazie ai suoi colori sgargianti. Il Signor Baudat è di una gentilezza unica e anche in questo caso, se parlate un po’ di francese, fermatevi a fare due chiacchiere con lui, che vi svelerà tantissime curiosità sul suo mestiere e vi darà consigli su cosa non perdere in zona. A me ha addirittura proposto di andarlo a trovare nel suo laboratorio a Pommiers per mostrarmi come nascono le sue creazioni. Invito che chiaramente ho accettato con grandissima gioia!

Le Menoux e la sua Notre-Dame

Continuando per le strade statali lunghe chilometri e chilometri, movimentate solo da qualche curva qua e là, si arriva a Le Menoux, un villaggio che nasconde un grande tesoro: l’Eglise Notre-Dame du Menoux, la prima delle chicche di questo articolo.

Si tratta di una chiesa la cui struttura esteriore è molto sobria: una planimetria ordinaria, pietra grigiastra, un campanile, un portone che ne segna l’ingresso. Insomma, dall’esterno, potrebbe essere definita addirittura “anonima”. Ma dato che l’abito non fa il monaco, vi assicuro che una volta dentro penserete di essere in preda a delle allucinazioni.

La chiesa risale al XVIII secolo e fino al 1968 resta una chiesa come tante altre. Fino a quando un artista boliviano non decide di darle un tocco di vita.

Jorge Carrasco, nato a La Paz nel 1919, per tutta la sua vita ha voluto mostrare il suo paese e il sud America in generale al mondo intero attraverso i suoi quadri pieni di colore che per lo più rappresentano le Cholitas, le donne simbolo della diversità etnica boliviana troppo spesso dimenticate. Ma l’artista boliviano attraverso le sue opere fa anche una forte denuncia delle violenze contro gli indigeni. Dopo un lungo viaggiar soprattutto in sud America, è nel 1967, a seguito dell’assasinio di Che Guevara, che  Carrasco arriva in Europa e inizia a lavorare con artisti come Jean Cocteau, Picasso, Matisse, Klein e tanti altri e il tratto che lo avvicina a loro è ben riconoscibile in molte sue opere. Ed è nello stesso anno che capita per caso a Le Menoux e se ne innamora a tal punto da farlo diventare casa fino alla sua morte, nel 2006. Carrasco si sente talmente integrato in questa comunità che nel 1968 inizia i lavori nella chiesa Notre-Dame du Menoux, a titolo completamente gratuito proprio per quella sua visione di un’arte popolare e non più elitaria.

Carrasco decide di dar vita a quelle mura e a quelle volte completamente bianche e lo fa attraverso dei disegni che uniscono la religione cristiana alla cosmogonia amerindia, per la quale l’uomo appartiene alla Pachamama, alla Madre Terra, e dunque all’Universo. Basti osservare l’allegoria della formazione del mondo, in cui si possono ammirare il sole, le stelle, gli astri e i pianeti accostati al simbolo cristiano per eccellenza: il Cristo crocefisso. Il tutto attraverso l’uso di colori caldissimi e fuori dall’ordinario, almeno per una chiesa, che vanno dal blu notte, al rosa, al rosso, al giallo.

L’Eglise Notre-Dame è aperta tutti i giorni dalle 9 alle 19 e l’associazione Les Amis de Carrasco organizza visite guidate per descrivere nel dettaglio l’opera, oltre ad organizzare eventi come concerti e mostre per far rivivere l’opera dell’artista.

Ma questo non è l’unico gioiello di Le Menoux. Vi consiglio, infatti, di visitare l’Atelier Carrasco che si trova proprio dietro la chiesa. Io ho avuto la grandissima fortuna di conoscere e trascorrere quasi due ore a chiacchierare con una delle figlie dell’artista, Okllo, che si occupa insieme agli altri fratelli di continuare in un certo senso l’opera del padre. In realtà l’ho fermata per strada senza neanche sapere chi fosse per chiederle informazioni sull’Atelier, che avevo trovato più volte chiuso. Ma devo ringraziare anche Manko, il nipote di Carrasco che mi ha mostrato una parte della casa molto intima e chiusa al pubblico: la mansarda dove suo nonno dipingeva. Quadri di cholitas, autoritratti, pennelli e colori che non sono stati più toccati da quando l’artista è venuto a mancare! Insomma, visitare l’Atelier Carrasco è un must, piacevolissimo tra l’altro, quando si viene qui. Certo, il lavoro fatto dalla famiglia per riportare in auge l’opera dell’artista, ha dato i suoi frutti, tanto che ora credo sia un po’ più difficile avere tutto questo tempo a disposizione per parlare coi membri della famiglia Carrasco, ma se doveste incontrarli, non abbiate paura a scambiare qualche chiacchiera con loro perché sono molto disponibili e farete un meraviglioso regalo a voi stessi!

Per avere più informazioni in merito, o se volete prenotare una visita guidata individuale o di gruppo, rivolgetevi pure all’associazione Les Amis de Carrasco su facebook.

Agenton-sur-Creuse

A una decina di minuti di macchina da Le Menoux, si arriva al villaggio più grande della zona: Argenton-sur-Creuse! Grazioso, con i suoi ponti in pietra, gli edifici in riva al fiume, una zona pedonale piena di café tipici e soprattutto i brocantes, saloni d’antiquariato e mercati delle pulci. Certo, non tutti insieme, ma troverete sempre qualche negozio in cui acquistare oggetti fuori dal tempo! E anche se non volete comprare nulla, sarà sicuramente una festa per gli occhi. E fate un salto al Musée de la Chemiserie, dove potrete apprendere tante curiosità sulla storia delle camicie e di come vengono confezionate!

Ma Argenton-sur-Creuse, come tutti gli altri villaggi della regione, è conosciuto e apprezzato per la natura, tanto che i suoi paesaggi e scorci mozzafiato hanno ispirato molti pittori, tra cui Monet. Attraversando il Pont Vieux, il ponte vecchio, si può raggiungere la parte alta del villaggio e arrivare alla Chapelle della Bonne-Dame, da cui godrete di un panorama stupendo. Il sentiero ha una pendenza “importante”, ma ne vale davvero la pena!

Ma ora proseguiamo verso il prossimo gioiellino.

Saint Marcel

Cosa dire di Saint Marcel se non che è una vera e propria perla? È un villaggio minuscolo, tutto in pietra con delle casette curate nei minimi dettagli e rese ancora più belle da porte e finestre che lasciano a bocca aperta! E come dappertutto in questa zona, nonostante le sue misure super ridotte, a portare vita per le sue strade strette strette ci pensano gli artisti che si sono ritagliati degli spazi fatti a propria immagine e somiglianza. Non mancano infatti gli ateliers e a volte li si possono incontrare seduti in uno dei vicoletti che danno sulla maestosa cattedrale intenti a dipingere! Un consiglio: fermatevi a mangiare o a bere qualcosa a Les Mersans, il bar ristorante sulla piazzetta. Potrete godere della meravigliosa vista sulla cattedrale e allo stesso tempo assaggiare specialità tipiche del posto!

Ah, ultimo, ma non ultimo: gli appassionati di storia non devono assolutamente perdere una visita all’Argentomagus, un museo che rende l’archeologia comprensibile a tutti e che vi farà viaggiare dalla preistoria alla fine dell’epoca romana, tramite ricostruzioni a grandezza naturale, film, video e animazioni audiovisive.

Le Pont-Chrétien- Chabenet

Per chiudere in bellezza questo viaggio, voglio raccontarvi di un castello molto particolare. Certo, per grandezza e imponenza ben lontano da quelli della Loira, ma a modo suo molto più “rock”.

Château de Chabenet oggi è un albergo che appartiene ad una catena di resort svizzera. Ha ventuno stanze e due appartamenti oltre a due spazi riservati a convegni e seminari. Ma prima che venisse riconvertito, il castello ne ha viste tante.

Il castello fu costruito nel 1471 da Luigi XI e dopo secoli e secoli di vicissitudini fu venduto per la prima volta nel 1924, alla morte di Josephine, l’ultima proprietaria di origini aristocratiche di cui ritroviamo ancora tracce qua e là e a cui è dedicata una stanza. Da quel momento in poi il castello ha visto molti proprietari, dati i costi di mantenimento e manutenzione estremamente alti.

Nel 1985 fu acquistato da un uomo di nome Marec che a differenza dei suoi predecessori decise di investire molto denaro nella ristrutturazione delle camere per dar vita ad un progetto che gli stava molto a cuore: costruire una scuola di lingue pensata soprattutto per arabi e americani, dato che secondo lui la globalizzazione avrebbe attratto molti imprenditori non europei nel suo paese e il fatto di non parlare il francese avrebbe potuto rappresentare un deterrente per gli investimenti da ambo le parti. Ecco perché una ristrutturazione di lusso era necessaria. Gli studenti che avessero intrapreso un percorso di studi intensivo nella sua scuola, infatti, avrebbero soggiornato nel castello per almeno tre o quattro mesi. Dunque, metterli a proprio agio e offrirgli ogni tipo di comfort era un obbligo. Purtroppo, il suo progetto non funzionò e quando non riuscì più a pagare i creditori, Marec mise in vendita il castello e aprì la sua scuola di lingue a Parigi.

Nel 1999 il castello fu acquistato dalla catena svizzera di cui oggi è ancora proprietà, ma il suo destino avrebbe dovuto esser ben diverso. Infatti, non immaginerete mai chi fu uno dei primi possibili acquirenti che dall’altra parte del mondo si precipitò proprio a Chabenet con tutto il suo staff e che in poche ore riuscì a portare “scompiglio” nella piccola comunità rurale che non aveva mai visto nulla di simile. Sto parlando di colui che ha inventato il “moonwalk”, l’autore di Billie Jean e dell’album più venduto di tutti i tempi, “Thriller”. Sì, avete capito bene, sto parlando di Micheal Jackson che avrebbe voluto acquistarlo con l’intenzione di farne ciò che poi diventò il suo Neverland Ranch. Ma il cantante non aveva fatto i conti con una comunità semplice, lontana dalla mondanità, a cui i suoi progetti alquanto bizzarri non andarono a genio. Infatti, il primo cambiamento ritenuto assurdo e inaccettabile dalla gente del posto fu la volontà espressa dalla pop star di cambiare il corso della Bousanne, il fiume che costeggia tuttora il castello, nel tentativo così di rendere la proprietà una specie di isoletta irraggiungibile via terra. Le guardie del corpo di Michael Jackson, infatti, temevano attacchi al cantante dall’esterno. La seconda modifica che voleva fare, era costruire un eliporto per permettere spostamenti più semplici e veloci per lui e i suoi numerosi ospiti. Lo stesso capriccio che aveva avuto a suo tempo l’aristocratica Josephine, che fece costruire una linea ferroviaria per collegare Chabenet a Parigi, visto che la maggior parte delle sue amicizie viveva nella capitale francese, dove lei stessa si recava spesso.

Per la gente del posto già la prima visita della pop star fu uno shock per il terrore che la tranquillità del villaggio e la loro quotidianità venissero scombussolate da tutto il tran tran che ne sarebbe conseguito, figuriamoci le modifiche eccentriche che il cantante voleva apportare. Non sia mai! Tanto che la vendita non andò in porto! Certo, il pianoforte al quale Michael Jackson si sedette per suonare, è ancora lì, in una delle sale al primo piano! Se vi state chiedendo come faccia a sapere tutte queste cose, beh, la risposta è semplice! Perché io in quel castello ci ho vissuto e lo conosco come le mie tasche! Non ero una cortigiana, no, ma ho lavorato per la catena a cui appartiene.

Se volete girare liberamente per i suoi corridoi, visitare la cappella, leggere un libro nella biblioteca in cima a una delle torri o sedervi davanti a uno dei camini più grandi che abbiate mai visto, dovete soggiornarvi almeno una notte. E se volete dormire in una stanza davvero regale, vi consiglio di prenotare una camera superior, non ve ne pentirete!

Ma non è solo l’interno ad essere pieno di fascino e meraviglia. L’esterno, infatti, lascia altrettanto a bocca aperta. Giardini regali e infiniti, una foresta privata, la bergerie, il fienile, dove vive gran parte dello staff. Alberi di melo i cui frutti vengono raccolti puntualmente ad agosto e ne viene fatto un succo delizioso senza coloranti ne zuccheri aggiunti acquistabile dagli ospiti del castello. E poi i ciliegi e i roseti sparsi qua e la, il campo da tennis e la piscina che, seppur non enorme, rinfresca durante le giornate afose d’estate. E poi, vogliamo parlare dei tramonti? Mai visto nulla di più romantico in vita mia, soprattutto se ve lo godrete con la vostra dolce metà.

Insomma, secondo me pernottare almeno una notte in questo castello meraviglioso, non solo è un’esperienza indimenticabile, ma è anche un ottimo punto di partenza per andare a visitare i villaggi di cui vi ho parlato e non solo! Se vi ho incuriosito e avete voglia di provare un’esperienza del genere, basta andare su Booking.com e cercare Hapimag Château de Chabenet. Ah, il castello ha un’apertura stagionale che va da marzo a fine ottobre.

Indre: cos’altro vedere e quando andare

Il periodo migliore per visitare L’Indre è sicuramente quello che va da metà marzo a metà ottobre. È proprio con l’arrivo della primavera, infatti, che i villaggi, i locali e le attività escono pian piano dal letargo nel quale si riversano puntualmente in inverno.

Oltre ai villaggi che ho citato in questo articolo, sono tanti quelli degni di una visita e che si contraddistinguono magari per delle attività particolari. Non perdetevi, ad esempio, Eguzon con il suo lago, le spiaggette e gli sport acquatici offerti da varie compagnie del posto. Così come merita una visita Nohant-Vic, il villaggio che ha visto nascere la scrittrice George Sand. Oppure La Chatre, Le Blanc, Mezieres-en-Brenne, Issodun e tanti altri, tutti immersi nella natura. Non dimentichiamo, infatti, che la regione è conosciuta come il paese degli stagni (ce ne sono tremila!) ed è famosa per i suoi parchi, come il parco naturale regionale delle Brenne, casa di molte specie di uccelli acquatici. Per non parlare dei suoi sentieri lunghissimi, come la Voie verte e la Voie rouge, piste ciclabili che permettono di raggiungere la maggior parte dei villaggi in sella a una bicicletta. E se per questioni di spazio siete costretti a lasciare la vostra a casa, niente paura, non sarà certo difficile noleggiarne una da queste parti. La Via verde e la Via rossa sono accessibili anche ai pedoni e non c’è nulla di più rilassante che camminare accerchiati da alberi, campi di grano, mucche al pascolo e il cinguettio degli uccelli. Inoltre, è proprio su questi sentieri che troverete tratti del Cammino di Santiago de Compostela, ben segnalati!

Con l’arrivo della primavera riprendono vita gli auberges, le locande tipiche, i mercati settimanali, i brocantes, i mercati delle pulci e i vides greniers, il cui calendario potete trovarlo tranquillamente anche online. Cosi come quello dei vari spettacoli, eventi e concerti che animano le calde notti d’estate. Insomma, ci sono talmente tante di quelle cose da fare che il mio consiglio è di trascorrerci almeno una settimana per rimettervi in sesto dalle fatiche e i ritmi cittadini!

Se avete intenzione di organizzare e pianificare il vostro viaggio, visitare il sito ufficiale del Berry dove troverete tutte le informazioni necessarie: www.berryprovince.com.