Chi mi conosce da un po’ sa bene quali sono i posti per cui ho un grande debole. Uno di questi è senza dubbio Napoli, che ho avuto la fortuna di scoprire e riscoprire più volte in compagnia di persone eccezionali. E grazie a queste persone – alcune delle quali nel tempo sono diventate amiche – ho scoperto storie bellissime. Storie di rinascita, storie che trasmettono grande forza, storie che infondono speranza.

Una delle storie che più mi emoziona è quella che racconta la rinascita del Rione Sanità, sia dal punto di vista turistico che da quello sociale e culturale.

In un periodo storico così particolare, credo sia doveroso diffondere messaggi di speranza e condividere racconti speciali come questo. E per farlo ho intervistato Gaetano Balestra, conosciuto anni fa proprio a Napoli per lavoro. Sono certa che saprà coinvolgervi ed emozionarvi con il racconto della sua esperienza. Proprio come ha fatto con me.

A seguire, quindi, trovate la nostra chiacchierata. Per rendere l'intervista più comprensibile, per ogni domanda e risposta ho inserito le nostre iniziali (M= Manuela; G= Gaetano). 

M: Ciao Gaetano, ci siamo conosciuti anni fa a Napoli e da allora “non ci siamo più mollati”. Sai benissimo che sono innamorata pazza di Napoli e il merito è anche tuo.  Sai, ho iniziato ad apprezzare così tanto la tua città dopo aver avuto l’opportunità di scoprirla con chi la conosce davvero. Perché secondo me Napoli va scoperta con i napoletani, altrimenti non la si può assaporare, non la si può capire. Senza un napoletano, la si vede solo in superficie. Questo vale un po’ per tutte le destinazioni, ma per Napoli ancora di più. Che ne pensi?

G: Condivido assolutamente. È innegabile che noi napoletani abbiamo un legame viscerale con la nostra città. Sfido a trovare un napoletano all’estero che alla domanda “Di dove sei?” risponde “Sono italiano”. Molto molto probabilmente risponderà “Sono napoletano”. Visitando Napoli con un napoletano che ha un ruolo attivo sul territorio sarà possibile scoprire luci e ombre della città, andando oltre quei soliti cliché e raccontando una città viva sotto ogni punto di vista. Culturale, sociale, artistico. Un napoletano che in città ha un ruolo attivo non ti porterà solo sul lungomare, a Piazza Plebiscito, nel centro storico. Ti porterà a scoprire le mille Napoli: dalle periferie a tutte quelle aree più nascoste che celano una chicca, una perla. Incluso l’aspetto culinario, da non sottovalutare assolutamente.

M: Grazie a te ho scoperto la bellezza del Rione Sanità. Che io definisco un po’ l’anima di Napoli. Qual è il tuo legame con il Rione Sanità?

G: Mi fa piacere sapere che pensi che il Rione Sanità sia un po’ l’anima di Napoli. È l’anima nell’idea di questa nuova Napoli che si sta sviluppando e sta crescendo secondo più pilastri. Non solo quelli turistici, ma anche quelli culturali e soprattutto sociali. Il mio legame con il Rione Sanità è profondissimo. Io sono nato qui, sono cresciuto qui e ho deciso di investire parte della mia vita nel territorio in cui sono nato.

Ma non è stato sempre così. Inizialmente era un rapporto di odio e amore – e forse più di odio. La mia generazione pensava che da questo luogo si doveva solo fuggire. Perché era un territorio che non offriva niente, che non dava possibilità. Un territorio macchiato da una criminalità pervasiva, offensiva e dilagante e forse non così chiaramente visibile. Tutti siamo cresciuti pensando “alla prima occasione buona me ne vado”. Per fortuna le cose sono cambiate e, nel tempo, abbiamo capito che c’era un terreno fertile su cui lavorare. Un terreno fertile fatto in primis dal patrimonio umano, di cui è ricchissimo il nostro rione: tanti ragazzi con tante capacità oltre che una forza immane e uno spirito di iniziativa notevole. Oltre questo, il patrimonio culturale e artistico con cui molte delle nostre attività si fondano. Quindi da questo iniziale moto di rabbia in gioventù si è passati ad un vero e proprio amore. Un amore viscerale.

Pensa che da piccolo quasi mi vergognavo nel raccontare che venivo dalla Sanità. Ci si vergognava di questa idea che tanti avevano del Rione e che, ahimè, alcune persone – anche della nostra stessa città –  conservano tuttora. Fortunatamente, adesso è un dato di fatto che tante persone arrivano qui anche da fuori e in tanti conoscono le nostre attività.

Quindi oggi per me è diventato quasi un vanto poter dire che vengo dalla Sanità. Oggi sono orgoglioso delle mie radici e sono sicuro che, proprio grazie a questo rione, sono diventato l’uomo che sono. Se sono come sono lo devo al fatto che sono cresciuto in un certo modo conoscendo le tante difficoltà che si vivevano in questo rione. E così ho imparato a fronteggiarle.  Ecco perché oggi sono a mio agio in ogni situazione. E da qui la mia attività principale, l’assistente sociale. Penso che questa forte indole e propensione derivi proprio da ciò che ho vissuto nella vita.

M: Ho avuto modo di approfondire la bellissima storia di questo quartiere leggendo il libro di Chiara Nocchetti, Vico Esclamativo. È una storia (anzi, una storia fatta di tante storie) che infonde speranza. Una speranza di cui abbiamo davvero bisogno un questo periodo storico. Ed è per questo che vorrei condividere la vostra esperienza con chi ci legge. Com’è avvenuta la rinascita del Rione? E come l’hai vissuta?

G: Mi fa sorridere il fatto che quello che abbiamo fatto e stiamo facendo sia diventato un modello di sviluppo sano di un territorio cosiddetto difficile. Non lo diciamo noi, ma lo dicono i tanti che ci vogliono ascoltare per capire cosa è accaduto nel Rione Sanità.

Ci tengo a dire che ciò che è avvenuto non è un miracolo. Non è qualcosa avvenuto dall’oggi al domani. Un percorso lungo iniziato più di vent’anni fa. Io per primo, più di vent’anni fa facevo il volontario, letteralmente tirando i bambini dalla strada e coinvolgendoli in attività sportive e altre attività a loro dedicate. L’arrivo di Don Antonio Loffredo è stato un po’ una scintilla. Con questo nuovo fermento è stato possibile attivare e mettere a sistema quello che già avevamo sotto gli occhi. Ma fino ad allora nessuno aveva avuto l’abilità di mettere a disposizione della popolazione i luoghi e far sì che i ragazzini più piccoli si accorgessero che ci sono altre possibilità. La possibilità di lavorare, la possibilità di crescere e maturare competenze ed esperienze nel nostro rione. Con molti adulti all’epoca era un lavoro perso, così si è iniziato con i ragazzini, i più piccoli. E proprio loro sono diventati gli attuali gestori di tutte queste attività.

Quindi questa rinascita è stata attuata prima di tutto dal punto di vista socio-educativo, formando i ragazzi e facendo capire loro che c’era altro. In un secondo momento la rinascita si è avuta anche dal punto di vista culturale e artistico, con la messa a sistema delle Catacombe di San Gennaro e San Gaudioso, che sono un vero tesoro. Queste rappresentano un modello di gestione del patrimonio culturale italiano. Pensa che dai 4000 - 5000 visitatori all’anno (circa 10 anni fa) siamo arrivati a chiudere il 2019 con 160.000 visitatori in un solo anno. Ogni volta che ne parlo mi vengono i brividi. Perché 160.000 persone che vanno a visitare le catacombe sono 160.000 persone che attraversano il Rione Sanità, che apprezzano ciò che si sta facendo. E da questo ne traggono tutti beneficio. Basti pensare alle tante attività che sono nate e che sono state messe insieme, in una rete di commercianti - cosa prima impensabile. Per non parlare delle cooperative sociali e delle associazioni che ancora continuano ad operare da un punto di vista socio-educativo.

Senza lavorare sull’educazione e sulla crescita culturale dei giovani, tutto questo sarebbe impensabile. Quindi le due cose non possono essere svincolate. Per questo si è arrivati alla nascita di una fondazione di comunità: la Fondazione San Gennaro. Una fondazione che raggruppa e mette insieme tutte queste anime del territorio per far sì che, fondandosi sui principi di cultura del dono, della responsabilità di partecipazione e della valorizzazione del bello che c’è all’interno del territorio, tutto questo possa divenire fruttuoso. Diciamo sempre che la bellezza salverà il mondo, è un mantra comune. Ma non possiamo parlare del bello che c’è là fuori all’interno di un territorio che non offre possibilità di crescita. Ecco perché tutto questo è fondamentale. Così come è fondamentale il rapporto umano, il lavoro sul capitale umano.

M: Tu hai fatto tanto per la tua città e continui a portare avanti dei progetti per il tuo quartiere. Ammiro tanto il tuo lavoro e mi piacerebbe sapere qual è la cosa di cui vai più orgoglioso.

G: Più che parlare di orgoglio, direi che siamo semplicemente felici di quello che stiamo facendo. Tuttavia, se proprio devo aggiungere qualcosa, mi vengono in mente due aspetti. In primis, il pensare che tanti di quei ragazzini che hanno iniziato un percorso con me semplicemente perché tirati via dalla strada, beh, adesso sono coloro che gestiscono in maniera ineccepibile queste associazioni e cooperative. Ognuno con il suo talento, le sue capacità, le sue competenze. Quando vedo loro penso che tutto quello che abbiamo fatto e continuiamo a fare ha un senso. Questo mi spinge ad essere così attivo sul territorio e mi fa credere che tutto ciò che facciamo prima o poi darà i suoi frutti.

In secondo luogo, un aneddoto indelebile relativo all’anno scorso, quando il Presidente della Repubblica Mattarella è venuto da noi. Da noi non solo nel Rione Sanità, ma proprio da noi, inteso come rete e formazione. Immagina l’emozione quando il Cerimoniale ci ha contattato perché il Presidente della Repubblica voleva stringerci la mano. E così con noi ha fatto un lunghissimo discorso per poi stringerci la mano, ad uno ad uno, e per ringraziarci per quello che facciamo. Tutto questo è stato davvero toccante e ha avuto un significato profondo. Un bel momento. Non che ci servisse un riconoscimento, ma è stata una grande emozione proprio per la forma e il modo in cui la cosa è avvenuta.

M: Ritieni che questa rinascita abbia portato una situazione di stabilità consolidata o c’è bisogno ancora di tanto lavoro? Come ti immagini il futuro del Rione Sanità?

G: Tutto questo lavoro ha portato a una stabilità che è un nuovo equilibrio. È chiaro, tuttavia, che questo non è un punto d’arrivo. È innegabile che il nostro territorio continua ad avere tanti problemi che ci attanagliano e continuano ad essere presenti. È una lotta continua e costante in cui non possiamo cedere di un passo. Questo perché appena ci si mostra deboli o ci si adagia sui risultati, ecco, si rischia di fallire. Per ogni episodio negativo, si retrocede di dieci passi. Ecco perché non bisogna mollare nemmeno per un attimo. Abbiamo iniziato un percorso che non potrà mai finire ed è giusto che sia così. Abbiamo tracciato una linea infinita che può avere delle stazioni intermedie, ma mai un punto d’arrivo. E per questo motivo, anche in questo momento storico così difficile per tutto il mondo noi stiamo continuando a dare una mano alle tante famiglie in difficoltà nel nostro territorio. E stiamo già pensando a come ripartire. E forse sapremo fare ancora meglio, perché abbiamo le spalle forti avendo vissuto tante difficoltà. Quindi sicuramente questo non ci spaventa.

M: Parliamo adesso del Rione Sanità dal punto di vista turistico. Come saprai, ho un debole per uno dei suoi tesori: Il Cimitero delle Fontanelle. È un luogo che io ritengo unico al mondo, ricco di pathos. Ma è solo uno dei gioielli del quartiere. Grazie a te e ad altri amici napoletani ho potuto scoprirne i colori, i profumi, la veracità. E la bontà (fattore da non dimenticare). E allora consigliamo cosa vedere (e dove mangiare) in una giornata al Rione Sanità. Sono sicura che appena sarà possibile farlo, molti vorranno seguire i tuoi preziosi consigli da local.

G: Dopo tanti discorsi seri, passiamo a cose un po’ più frivole, se così si può dire. Ovviamente c’è tanto, tantissimo da fare e vedere nel Rione Sanità. Tu citavi il Cimitero delle Fontanelle che per noi sarà sempre un biglietto da visita per la sua storia, per il suo significato, per ciò che significa per chi vive la Sanità. Ragion per cui è e sarà sempre gratuito.

Ma oltre questo ci sono tante attrazioni. In primis le Catacombe di San Gennaro e San Gaudioso e forse il modo più bello per visitarle è il Miglio Sacro. Si tratta del percorso che viene fatto nei giorni festivi con la Cooperativa La Paranza, attraverso il quale si visitano non solo le catacombe, ma tanti altri tesori del rione. Tra questi: i Palazzi di San Felice e dello Spagnuolo, il Chiostro della Basilica di Santa Maria della Sanità, la cripta…

Tu hai avuto modo di scoprirlo. Hai visto che emozioni regala questo percorso e tutto quello che le guide riescono a trasmettere con la loro passione.

Un’altra cosa da fare è vedere uno degli spettacoli del Nuovo Teatro Sanità, un’eccellenza del nostro territorio nata dai ragazzi del nostro rione in una Chiesa. Sì, si tratta di una Chiesa che è stata trasformata in un teatro che propone spettacoli tutto l’anno, con un’offerta artistica ampia e di alto livello.

Passiamo a un altro aspetto importante di Napoli – e ovviamente anche del nostro rione: il cibo. Oltre alle grandi eccellenze come la pizzeria Concettina ai Tre Santi e la pasticceria Poppella con il suo celebre Fiocco di Neve - ormai conosciute in tutta Italia - è bellissimo perdersi nei piccoli bar a conduzione familiare sparsi nel rione. Anche solo per un dolcino o un ottimo caffè. Vi troverete un’accoglienza estrema non dettata dalla piaggeria, bensì autentica e sincera. Vi segnalo anche altre pizzerie, sempre nel cuore del rione: Borgo Vergini e la più tradizionale La Taverna di Totò e Oliva. E per finire, Isabella De Cham, che è la regina della pizza fritta.

Ma vi assicuro che ovunque andrete troverete tanta accoglienza e ottimi prodotti. Non c’è che l’imbarazzo della scelta.

 

Tutte le immagini sono scatti di Gaetano Balestra