Paris, Je t'aime.

Il cliché dei cliché. Lo so, ma non potevo dare un titolo diverso a questo post.

Sono arrivata a Parigi solo da due giorni eppure già mi sento a casa. Nonostante questa sia la prima volta che io e la signora sulla Senna ci incontriamo di persona.

Ho aspettato tanto per venire a Parigi, alla stregua di un lungo viaggio intercontinentale e forse anche di più; l'anno scorso c'ero quasi e poi è saltato tutto. Ma adesso eccomi qui, entusiasta perché la lunga attesa è stata dignitosamente ripagata.

Innanzitutto con una dilatazione temporale. Perché sembra che ogni giornata ne valga cinque. E mi sembra passata una vita dall'arrivo in città, quando sono stata accolta da foglie color ocra che, spostate dal vento, fluttuavano nell'aria per poi posarsi svogliatamente sull'asfalto.

Da quando ho visto per la prima volta i bistrot e le brasserie dalle tendine usurate che conservano il loro perché.

Da quando ho messo piede a Montmartre, il quartiere a misura d'uomo che durante la mia permanenza si aggiudica l'onore di essere chiamato "casa" (nel prossimo post vi spiegherò perché).

Solo due giorni fa.

E adesso vi scrivo dalla mia piccola camera di Montmartre. Nel cuore della notte.

Tanto per strada ci sono schiamazzi che mi fanno compagnia.

E io sono distrutta per la stanchezza, dopo un'intera giornata di vagabondaggio tra piazze, musei e viuzze brulicanti di gente.

Ma, prima di chiudere le palpebre, devo scrivere questo post che avevo in mente da ieri.

Ieri era una giornata speciale: il compleanno del mio ragazzo. E oggi festeggiamo un'altra ricorrenza speciale che lega entrambi. E ho fatto di tutto per celebrare queste due date proprio qui, a Parigi. Ho messo alla prova questa città, per vedere se è davvero così romantica come dicono.

Sebbene molti potranno smentire quello che sto per dire, per me Parigi è puro romanticismo. Io penso fortemente che la vita è fatta di esperienze e sensazioni soggettive. E ogni momento può essere speciale o meno a seconda di come lo si vive. E della compagnia con cui lo si vive.

Ecco, io posso ritenermi davvero fortunata perché colui con cui condivido questo viaggio - e la mia prima volta in questa città - ha saputo stupirmi ancora una volta facendo sì che io possa legare a questa città un ricordo sublime.

Immaginate me - ieri sera - alle prese con la metro parigina inseguendo l'indirizzo di un fantomatico ristorante.

Che tra l'altro ci ero anche rimasta male perché avevo in mente un altro ristorantino carino in cui avremmo potuto cenare.

Ma niente. Lui - il mio ragazzo - mi ha costretto a mettere le ali ai piedi perché altrimenti avremmo perso la prenotazione in questo celeberrimo ristorante selezionato esclusivamente da lui.

Mi ha persino costretto a voltare le spalle alle Torre Eiffel illuminata - e scusami se è la prima volta che la vedo illuminata e vorrei almeno fermarmi a contemplarla per qualche secondo!

E solo quando finalmente arriviamo al ristorante e la signorina all'ingresso ci porge dei menu e ci indica la direzione dell'imbarco, io intuisco che qualcosa non quadra. Quale imbarco???

Il ristorante in realtà è un battello in vetro e si chiama Bateaux Mouches. E se ieri non sapevo nemmeno della sua esistenza, adesso è addirittura forgiato nella mia memoria.

Dopo aver preso posto, guardandomi attorno ho iniziato a realizzare: le emozioni ingestibili (che come al solito mi hanno fatto sbavare l'eyeliner), la luce soffusa, la musica dal vivo, le pietanze parigine, la Senna - che sì, vista di notte in questo modo è davvero romantica. Mentre dalle pareti in vetro del battello abbiamo visto sfilare i più importanti monumenti parigini illuminati.

Per arrivare a lei, la Torre Eiffel, che stavolta ho potuto contemplare a lungo. Anche più del previsto.

E tutto questo lo devo a lui. A lui che ha saputo rendere unica questa permanenza a Parigi.

E io mi sento fortunata.

Oggi più che mai.

Paris, Je t'aime!